Chissà che imbarazzo. Dopo oltre 40 anni, i Golden Record inviati nello spazio con le sonde spaziali Voyager 1 e 2 non hanno ancora incontrato nessun alieno che li abbia ascoltati – almeno per quanto ne sappiamo. Alcuni penseranno: “Che peccato!”, altri diranno “Per fortuna!”. E LinkPop sta con questi secondi.
A ripensarci, i due dischi d’oro mandati in mezzo all’universo per far conoscere la Terra, l’essere umano e tutte le altre meraviglie del pianeta sono al tempo stesso incomprensibili e patetici. Non si capisce perché, per fare un esempio, un alieno debba sorbirsi i saluti espressi in 55 lingue diverse (tra cui l’accadico, estinto da millenni) e, addirittura, capire che si tratta dello stesso messaggio ripetuto in tanti modi diversi (ma gli alieni, che pure saranno intelligentissimi, avranno il concetto di lingua? E quello di suono? E ancora: avranno un apparato uditivo in grado di recepire e distinguere quei suoni? Chi può dirlo).
Meno chiaro ancora è come faranno a capire che il verso del grillo è un suono emesso da un animale di notte, e sapere che non c’entra nulla con l’interpretazione fonica del movimento della Terra, entrambi compresi nella sezione “Suoni e rumori della Terra”, che include brontolii vulcanici, lo scoppio di un razzo, il mormorio delle maree, vari versi di animali (ma niente cose ostili, come bombe o grida di dolore: gli alieni potrebbero aversene a male), trattori che scoppiettano, cascate che cascano e una pulsar che pulsa. Confusi? Immaginatevi quanto lo saranno gli extraterrestri.
Al limite, se proprio i nostri eventuali E. T. avranno orecchio (in senso figurato e non figurato), potranno godersi alcune delle canzoni di stili e generi diversi, da Bach a Johnny B. Goode, ma visto che la compilation è del 1977, anno del lancio delle sonde, si saranno persi buona parte dei Pink Floyd, gli Oasis e Sfera Ebbasta. Poco male, visto che saranno già abbastanza confusi dalla sezione “Immagini”, in cui oltre a boschi e deserti, potranno vedere una lista dei nomi dei senatori americani del 1977 (anche la burocrazia vuole la sua parte).
Insomma, viene il sospetto che il vero destinatario di questi dischi d’oro non fossero alieni di civiltà lontanissime di cui nessuno sa nulla, ma gli stessi abitanti della Terra, o meglio: una specie particolare di questi abitanti, cioè gli esseri umani. Oltre a celebrare le bellezze e le ricchezze naturali del pianeta, si decanta la nuova grandezza tecnologica di quella che era, allora, una delle due potenze principali che mirava a diventare l’unica, universale e onnicomprensiva. Anni dopo, si può dire che ce l’abbia quasi fatta.