La Generazione Z è incuriosita dal modo in cui si socializzava fino alla metà degli anni Novanta.
Il mondo pre-internet era decisamente diverso da quello odierno. Chi è cresciuto in quei tempi ha ricordi di come fosse la quotidianità prima del sopravvento dell’era digitale. Per questo motivo, sarà sempre più ricercato come il custode vivente della memoria su un periodo che non tornerà più. Boomers, la Generazione X e parte dei millennials sono rimasti gli ultimi a ricordare cosa si usava un telefono a disco o a gettoni, una cartina stradale, una macchina per scrivere. Le ultimissime generazioni nate in un mondo digitale si chiedono com’era vivere nell’era analogica, quando i loro simili comunicavano, socializzavano e trovavano le informazioni prima della metà degli anni novanta, quando internet, e-mail, smartphone e tablet hanno iniziato a dominare il mondo in cui viviamo.
I “vecchi tempi”
C’è una certa romanticizzazione associata ai tempi ante-internet, con discussioni che evidenziano la semplicità, la natura meno caotica della vita e sicuramente un valore più alto attribuito alle connessioni interpersonali. Questa nostalgia si ritrova in vari aspetti della vita quotidiana, dal modo in cui le persone si conoscevano, si cercavano e ai modi con cui comunicavano.
Scrive qualcuno:
“Le notizie di attualità arrivavano attraverso giornali di carta, trasmissioni televisive o riviste. Abbiamo imparato a conoscere altre culture e stili di vita leggendo libri e riviste. Giocavamo molto a carte e a giochi da tavolo. Si comprava tutto al negozio o da un catalogo, per posta. Le bollette arrivavano solamente per posta ordinaria, si riempiva un assegno o un vaglia e si spediva il pagamento per posta. Per un biglietto aereo si andava all’agenzia di viaggi. Potevano prenotare anche alberghi o un’auto a noleggio per telefono e nessun altro poteva farlo perché nessun altro conosceva i numeri di telefono giusti da chiamare o aveva gli orari e le informazioni necessarie per prenotare un viaggio”.
Altri articoli ci ricordano su come l’assenza del web fosse evidente in ogni aspetto della vita quotidiana: per scrivere una tesi si trascorrevano settimane in biblioteca e su appunti (scritti a mano). Le lettere di carta erano ancora portatrici di novità inaspettate. L’uso della pazienza era fondamentale, in attesa delle risposte dai centralini degli uffici e dell’inizio dei palinsesti televisivi.
I ricordi venivano catturati con fotografie (di carta ovviamente), e in viaggio si doveva necessariamente fare le telefonate dalle cabine telefoniche.
E c’è persino chi s’è inventato definizioni teoriche per stabilire un “prima” e un “dopo”.
Gli “immigrati digitali”
Così alcuni sociologi si riferiscono agli individui cresciuti prima dell’arrivo del web. Esattamente quelli nati prima del 1985. A differenza dei “nativi digitali” che sono cresciuti in un mondo plasmato da dispositivi intelligenti, gli “immigrati digitali” si sono necessariamente dovuti adattare (imparare) queste tecnologie più avanti nella vita. Il termine è stato coniato da Marc Prensky nel 2001 per descrivere le loro sfide, specialmente nel contesto dell’istruzione, e la differenza tra questi e quanti hanno parlato senza sforzo il linguaggio della tecnologia sin da giovani.
Ovviamente il concetto di “immigrato digitale” ha suscitato molte controversie. I critici sostengono che semplifica in modo eccessivo il divario generazionale, trascurando il fatto che i nati prima del 1985 hanno contribuito attivamente allo sviluppo delle tecnologie e si sono adattati senza problemi all’era digitale. Inoltre, non tiene conto di quella parte della popolazione compresi i bambini senza accesso a internet e alle tecnologie comuni che rischierebbero di sentirsi emarginati in entrambe le categorie.
Un dubbio finale ci riporta alla vecchia domanda che si fanno i boomer: si stava meglio prima?
“Molti di coloro che hanno vissuto questo ‘Medioevo’ ti diranno come la vita sembrasse meno frenetica, meno stressante e più piacevole”, scrive Christopher McFadden sul sito Interesting Engineering. Tutti dovevano guardare gli show televisivi all’orario in cui andavano in onda e così anche la cultura popolare era meno frammentata. “Emergere dal caos era molto più facile quando tutti fissavamo lo stesso caminetto” scriveva David Carr, opinionista del New York Times, nel 2007.
Il rovescio della medaglia è che i vantaggi in termini di sicurezza in un mondo connesso 24 ore su 24 di oggi sembrano infiniti, ma un accesso telefonico istantaneo ai figli e alle informazioni su maltempo, interruzioni stradali o possibili disagi all’estero ci costringono anche ad una dittatura delle precauzioni, con una sempre minore capacità di tollerare un imprevisto. La consapevolezza di trascorrere troppo tempo online ha portato a una nostalgia non sempre razionale: secondo un sondaggio Harris “la maggior parte degli americani preferirebbe vivere in un’epoca più semplice prima che tutti fossero ossessionati dagli schermi e dai social media”. Questo sentimento è più forte tra la Gen X e i millennial più anziani. Mi chiedo allora come reagirebbero gli stessi partecipanti al sondaggio se dovessero improvvisamente come in un incubo affrontare la giornata senza lo smartphone.