Due sole settimane dall’inizio del nuovo anno e già due tremendi femminicidi. Una autentica piaga che va contrastata in ogni modo ed è per questo che è stato organizzato il 10 e 11 febbraio prossimi a cura del COMITATO DIDATTICO SCIENTIFICO DELL’AISPIS (Accademia Italiana delle Scienze di Polizia Investigativa e Scientifica) nella persona della Segretaria Generale la Dott.sa Antonella Cortese un Seminario di studio e formazione. Il programma completo in basso e qui di seguito gli argomenti trattati.
Il Fenomeno delle violenze domestiche, fisiche e psicologiche, principalmente sulle donne è di dimensioni allarmanti, sia per il numero delle vittime, sia per l’elevatissima percentuale dei casi non denunciati, proprio in ragione della caratteristica di inabissamento delle vittime sottoposte a violenze e timorose di una rivittimizzazione sociale nel caso in cui le vicende che le riguardano diventino pubbliche.
La Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica, Convenzione di Istanbul, (ratificata in Italia con Legge del 27 Giugno 2013) riveste un’importanza rilevante a livello internazionale, perché rappresenta il primo strumento al mondo “giuridicamente vincolante” volto a creare un quadro normativo completo a prevenire il diffondersi di ogni forma di violenza contro le donne, in particolare di quella domestica.
La Convenzione affronta, in primo luogo, la prevenzione della violenza medesima, al fine di raggiungere una piena uguaglianza di genere eliminando le discriminazioni nei confronti delle donne, degli stereotipi esistenti e delle pratiche tradizionali provocanti danni alla loro salute. In secondo luogo, si occupa della protezione delle vittime, che riguarda un efficace e tempestivo intervento delle forze dell’ordine, un facile accesso alle informazioni sui propri diritti e, nel contempo, la creazione di strutture e servizi specializzati di sostegno. Nella Convenzione viene delineato un quadro volto ad operare su tre aspetti: la Prevenzione del fenomeno, la Protezione delle vittime e dei testimoni e il Perseguimento degli autori delle violenze.
Con la sentenza del 2 Marzo 2017, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato l’Italia per violazione del diritto alla vita e del divieto di trattamenti inumani e degradanti, in quanto le autorità italiane non sono intervenute per proteggere una donna e i suoi figli vittime di violenza domestica perpetrata da parte del marito, avallando di fatto tali condotte violente (protrattesi fino al tentalo omicidio della ricorrente e all’omicidio di un suo figlio): in particolare viene contestato allo Stato italiano la mancata adozione degli obblighi positivi scaturenti dagli art. 2 e 3 della Convenzione. Nel settembre 2012 la ricorrente, dopo l’ennesima violenza subita dal marito, presenta denuncia per maltrattamenti contro familiari, lesioni e minacce chiedendo altresì alle autorità di adottare misure urgenti al fine di proteggere lei e ipropri figli.
Tuttavia, tali misure non vengono disposte né alcun altro d’indagine viene compiuto fino all’aprile 2013, quando la ricorrente sentita dalla polizia sette mesi dopo il deposito della denuncia, rettifica le sue iniziali dichiarazioni “ammorbidendo” le accuse nei confronti del marito.
Sulla scorta della nuova versione della donna, e non essendo a conoscenza di nuovi episodi di violenza, il pubblico ministero chiede e ottiene l’archiviazione per il reato di maltrattamenti, mentre viene disposto il rinvio a giudizio davanti al giudice di pace per i1 reato di lesioni. Qualche giorno dopo aver ricevuto l’atto di citazione innanzi al giudice di pace, il marito della ricorrente uccide un figlio e tenta di uccidere la donna.
Nel 2015, l’uomo viene condannato all’ergastolo per omicidio, tentato omicidio, maltrattamenti in famiglia e porto d’armi vietato. Troppo Tardi!!!
Nell’ambito delle definizioni la Convenzione di Istanbul precisa che con il termine “Genere” si riferisce a ruoli, comportamenti, attività e attributi socialmente costruiti che una determinata società considera appropriati per donne e uomini, mentre per “Violenza Domestica” si intendono tutti gli atti di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all’interno della famiglia o del nucleo familiare o tra attuali o precedenti coniugi o partner, indipendentemente dal fatto che l’autore di tali atti condivida o abbia condiviso la stessa residenza con la vittima; mentre invece, l’espressione ‘Violenza contro le donne basata sul genere” indica qualsiasi violenza diretta contro una donna in quanto tale e che colpisce le stesse in modo sproporzionato.
Si nasconde all’interno delle mura domestiche, nell’omertà culturale, nelle abitudini quotidiane, una violenza definita invisibile, considerata privata sebbene sia molto comune facendola rientrare nella normalità. Tutti elementi che costituiscono il terreno fertile per violenze fisiche fin ad arrivare al gesto estremo del Femminicidio.
L’evoluzione normativa nazionale ed internazionale non ha apportato alcun miglioramento in tema di diminuzione dei casi di Femminicidio e di Violenza domestica quindi urge un intervento immediato che vada a colmare le inefficienze istituzionali in tema di Prevenzione e Protezione delle vittime di violenza di genere in ottemperanza al dettato normativo della Convenzione di Istanbul.
Di fronte alla dimensione davvero impressionante del fenomeno, vi è la necessità di fornire una più efficiente risposta giudiziaria.
L’Accademia Italiana delle Scienze di Polizia Investigativa e Scientifica nasce per tale finalità, dopo una attenta analisi da parte di professionisti che operano quotidianamente sul campo delle criticità’ riscontrate in materia di violenza di genere nei confronti dei soggetti più deboli o emarginati: donne, minori, anziani. immigrati, a partire dalla ricezione della denuncia-querela fino ad arrivare alle problematiche afferenti alle tecniche investigative.
In particolare sono state riscontrate le seguenti criticità:
La mancanza di una Task Force lnteristituzionale locale, costituita da un Pool di Specialisti afferenti alla Polizia Giudiziaria, Magistrati, Servizi Sociali, Agenzie Educative ed Asl Territoriali di competenza. che possa tempestivamente intervenire nei casi di violenza di genere a partire dai primi sensori sentinella, quali maltrattamenti in famiglia, avendone le giuste competenze tecniche e procedura li fino alla raccolta successiva della denuncia-querela da parte della vittima.
Il tentativo delle forze dell’ordine di promuovere una conciliazione tra le parti;
La tendenza delle forze dell’ordine a disincentivare la presentazione di querela da parte delle vittime di abusi sessuali in caso di mancanza di prove manifeste (cosa che accade nel 99% dei casi) o di decorso di un certo lasso di tempo dai fatti:
Carenza di centri antiviolenza attivi 24 ore su 24 e quei pochi esistenti chiudono per carenza di fondi lasciando le vittime allo sbaraglio;
Difficoltà operative nell’escussione del minore nella forma dell’incidente probatorio;
In tale ottica sono di fondamentale importanza:
la ricerca e l’assicurazione delle fonti di prova nell’IMMEDIATEZZA del fatto e la predisposizione di appositi protocolli investigativi-operativi che riguardino, in primo luogo, il momento della richiesta di intervento-aiuto (da parte della persona offesa o di persone informate sui fatti ) e di accesso al luogo del ratto (da parte della P.G. all’uopo allertata);
la costituzione di un pool di specialistici, in particolare nella materia dei reati commessi contro i soggetti deboli (reati che tradizionalmente comprendono le violenze alle donne), che abbiano un’adeguata e mirata preparazione in una materia che come è noto presenta profili di interdisciplinarietà (psicologica, criminologica, medico legale, giuridica etc)
interventi in rete con altri soggetti istituzionali;
Se l’esercizio dell’azione penale con prospettive di condanna è l’obiettivo di ogni indagine preliminare degna di questo nome, ciò vale a maggior ragione nei procedimenti penali per i reati in questione. L’oggetto giuridico di tali reati, la scelta della vittima di affrontare con la querela, di uscire quindi allo scoperto, le profonde tracce fisiche e psicologiche che segnano quasi sempre il percorso clinico e giudiziario delle persone offese, impongono al P.M. di rendere il materiale probatorio “blindato” ai fini dell’esercizio dell’azione penale.