Non fate i maliziosi: in Svezia si chiama così la pausa caffè da fare più volte al giorno, davanti a un dolce. In molte aziende è obbligatoria, e migliora la produttività. La parola, ce ne rendiamo conto, si presta a facili ironie. Ma non è come sembra: in Svezia, la fika è una tradizione consolidata, un ingrediente sacrosanto per ridurre lo stress da lavoro. Il termine – sgombriamo il campo dagli equivoci – è sia un nome, sia un verbo e deriva dalla parola svedese kaffe (caffè): la fika è una specie di pausa caffè, che però c’entra poco con il classico break al bar o davanti alla macchinetta.
PAROLA D’ORDINE: RIPOSARE. Non è una scusa per una riunione, né un pretesto per trangugiare un espresso (o un beverone di Starbucks, come fanno negli USA) al computer o sotto il neon del distributore automatico; ma una pausa che si prende più volte al giorno, e in ogni caso attorno alle 10:00 e alle 15:00, per sorseggiare un caffè, un tè o un’altra bevanda calda in compagnia dei colleghi, preferibilmente davanti a un dolce e staccando completamente dal lavoro.
RIPARTIRE CON SPRINT. Una perdita di tempo? Non proprio: secondo Viveka Adelsward, professoressa della Linkoping University (Svezia) ed esperta di consuetudini sociali di questo paese, la fika aumenta la produttività: queste occasioni di scambio e socializzazione incrementano l’efficienza sul lavoro, tanto che molte aziende svedesi le hanno rese obbligatorie.
OSSIGENO AL CERVELLO. E non è solo per il caffè, di cui la Svezia è il terzo consumatore mondiale (il primo è la Finlandia, mentre l’Italia è solo 12esimo posto); a creare le premesse per una pausa produttiva è la caduta temporanea – davanti a uno snack calorico – delle gerarchie sociali, che rende i lavoratori svedesi tra i meno stressati al mondo. Si scambiano informazioni, si appianano conflitti, si toglie “la ruggine” dal cervello e si promuove la creatività. Persino sul sito di IKEA si legge che alcune delle migliori idee e decisioni avvengono durante la fika.
NON SOLO IN SVEZIA. I benefici della fika sono talmente evidenti che diversi imprenditori svedesi stanno cercando di esportare questa consuetudine anche in nazioni più stressate. Se funzionasse, ne trarremmo vantaggi tutti: statistiche alla mano, solo l’1% dei lavoratori svedesi rimane in ufficio oltre l’orario di lavoro; e nel paese che sta sperimentando l’orario lavorativo di sei ore giornaliere, lo stipendio medio procapite e la soddisfazione generale della vita rimangono alti rispetto alla media.