Argomento d’attualità e da affrontare a viso aperto da chi quotidianamente deve fare i conti con l’enorme mondo del web: come distinguere notizie vere da notizie semi-vere, spesso costruite allo scopo di deviare, creare opinioni o alimentare il prolifico mercato (marketing è la parola più adatta) dei clic, dalle notizie false le cosiddette “bufale”.
Inizio da quello che internet attualmente è oggettivamente diventato cioè il più grande contenitore virtuale di informazione su argomenti di attualità in primis ma anche in altri campi di comune interesse (parlo nello specifico di informazione distinguendola dalla cultura che ritengo essere altra cosa soprattutto perché quest’ultima ha una connotazione strettamente personale, legata ad argomenti che ci interessano a prescindere).
Parto subito da un aspetto che reputo determinante: i fruitori del web. Chiunque sappia anche in minima forma utilizzare un browser e un motore di ricerca avendo qualche minuto a disposizione, va ogni giorno ad informarsi, le testate giornalistiche accreditate sarebbero l’ideale, su ciò che più gli aggrada, lo interessa e le ultime notizie. Ecco, il fruitore medio spesso lo è anche dal punto di vista culturale e d’altronde non sono io ma le statistiche a dire che il livello di informazione italiano è ai minimi storici ed europei. E non possiamo trascurare il piccolo particolare che mentre fino a cinque-sei anni fa occorreva un pc per accedere in maniera completa ad internet, ed era quindi richiesta una conoscenza di base non proprio comune a tutti, oggi anche lo smatphone più economico lo consente. Questa combinazione fa si che nel nostro paese il social network più diffuso sia una delle principali fonti di informazione dopo i telegiornali nazionali (fonte Agcom), ma siamo in buona compagnia se il sessanta percento degli americani utilizza sempre il medesimo social allo stesso scopo. Le prime ad accorgersene sono state proprio quelle testate giornalistiche più o meno importanti: avere un alleato come un social network per poter raccogliere più lettori di altri paga e fa pagare di più (tutta la macchina commerciale degli spasimati followers) con però conseguente tragico crollo qualitativo delle news.
Avrete capito che il terreno si presenta ideale per chi con scopi spesso legati ad un guadagno economico (gli introiti pubblicitari) e non solo: pensiamo a chi cerca di “spostare” ad esempio le opinioni delle masse con finalità politiche e ne fa addirittura una professione. Esistono molti siti produttori di “bufale” che hanno così grande seguito ma per fortuna ce ne sono altri, come Bufale.net ad esempio che invece pubblica una black list dei definiamoli “meno attendibili” anche se mediamente la massa dei fruitori non è molto interessata a verificare se la notizia sia vera, solo in parte o falsa, anzi capita spesso che più colpisce l’immaginario collettivo più è ritenuta attendibile. Un’altra categoria di siti cosiddetti “Bufala” crea invece delle vere e proprie parodie scherzose, come nel caso di Lercio.it. Fondamentalmente sta nell’intelligenza e nel buon senso del lettore capire dove vuole essere portato con la lettura. Il caso della sciagura dell’Hotel Rigopiano di ieri, una nota piattaforma pay tv, redazione ovviamente più che attendibile, dava per scontato già di mattina presto il salvataggio di 8 persone, mentre in realtà solo 2 ne erano state recuperate.
Non lo dico io ma anche fonti di alto profilo: l’Università di Stanford recentemente ha effettuato degli studi sui cosiddetti “nativi digitali” cioè coloro che per ovvie ragioni in rete si trovano perfettamente a proprio agio e i risultati mostrano “una sconcertante incapacità di ragionare sull’ informazione veicolata in rete, di distinguere la pubblicità dalle notizie, di identificare le fonti”(ricerca svolta tra gennaio 2015 e giugno 2016 su un campione di oltre 7800 studenti).
Molto spesso il tipo di fruizione della notizia su internet essendo per sua natura di tipo emotivo e superficiale se vogliamo, contribuisce a rendere attendibile quello che non lo sarebbe su un supporto cartaceo o all’interno di un servizio televisivo. E’ “faticoso” analizzare una lettura o seguire a fondo e capire un servizio al telegiornale, lo è decisamente meno passare velocemente gli occhi sul post di un amico….
E’ tutto perduto? Credo di no. Si dovrebbe cercare di convincere chi frequenta il web a prendere la buona abitudine, non occorre molto tempo ve lo assicuro, di esercitare un minimo senso critico, il buon senso di cui parlavo, porsi delle domande osservando ad esempio alcune caratteristiche della notizia e, sempre fondamentale, informarsi cercando più fonti e paragonarle per trarre delle giuste conclusioni.
Spesso quello che attira l’attenzione è il titolone, oppure la frase “quello che temevamo purtroppo è accaduto”, i caratteri maiuscoli che colpiscono l’occhio o il trucchetto de “l’articolo originale non è più disponibile” e ancora frasi pronunciate veramente ma in contesti del tutto diversi, citazioni affatto vere o falsamente attribuite ad un soggetto e/o foto che mettono in cattiva luce il titolare della notizia. Ancora più semplici da individuare sono poi quei siti con nomi che differiscono da altri famosi per una lettera o per una parola soltanto molto simile alla testata originale o che titolano fuorviando dal reale contenuto poi di quello che scrivono, o ancora banali errori grammaticali e grafica approssimativa. E’ evidente che la competenza di base di chi pubblica sia importantissima e come vi ho appunto dimostrato volendo sarebbe facile capire se la notizia che stiamo leggendo è veritiera o per lo meno avere dei dubbi.
In ultimo ma non meno importante e che perfettamente si ricollega a quanto su scritto è l’aspetto relativo all’uso che l’utente finale fa del social. Le categorie sono due: quella che meccanicamente mette il “like” senza approfondire, probabilmente perché legge la notizia sulla bacheca di un amico e da appunto per scontato che si tratti di fonte vera o, peggio ancora, non vuole perdere tempo. E quella grossa parte di utenza che leggendo notizie che colpiscono punti deboli della società, porto come esempio gli aumenti ingiustificati delle tasse o dei carburanti (paragonati ai prezzi magari degli stessi all’estero), trova normale ribellarsi e protestare pubblicando a sua volta link copiati da altri e amplificando in maniera esponenziale una news di basso profilo.
Il proprietario del social più conosciuto, Mark Zuckerberg, ha recentemente dichiarato che inserirà un sistema automatico di verifica delle notizie false e poco attendibili. Anche qui ci sarebbe da scrivere molto ed è evidente che una macchina non può allo stato attuale fare questo tipo di operazione perché non tecnicamente fattibile. Sono due i fattori che Google utilizza per riconoscere come attendibile un sito: la stringa che Google stessa mette a disposizione da inserire nel sito, che automaticamente collegato al loro server ne dichiara la certificazione, e un numero medio di 20.000 visite che permette altrettanto automaticamente l’ingresso di diritto in Google News, si capisce quindi che non si può fermare il sistema così com’è ora.
Come esempio estremo potremmo poi ipotizzare che un sito di altissimo profilo pubblichi un articolo con informazioni sbagliate, ma solo per errore umano. Si darebbe credito, e sempre in modo automatico, alla notizia solamente in quanto pubblicata da quella testata…
Concludo a questo punto con un consiglio spassionato: appurato che piace a tutti o quasi navigare e che comunque diventerà in futuro una necessità, ed avendo a disposizione questa fonte in continuo divenire che è diventata internet, facciamo un piccolo sforzo per utilizzarla al meglio come facciamo con tutti gli strumenti che utilizziamo per lavoro o per piacere ogni giorno. Chi cerca di prenderci per il naso farà la fine che merita e noi potremo beneficiarne, tutti.